Vergano

venerdì 17 settembre 2010

BARAGGIONE o BARAGGIONI ?


Prendo spunto dallo stuzzichevole commento di Fabrizio, gran capo dell'A.I.B. di Borgomanero,rilasciato in calce al mio ultimo post "Sogni come ricordi", per dare vita alla prima parte della ricerca che ho intrapreso per cercare di soddisfare la sua comprensibile curiosità.

Ciao Vernè, bellissimo racconto! Dovresti farmi una cortesia: una ricerca sul toponimo Baraggione. Tutti chiamate la località "Baraggioni" ma dalle carte IGM è "Baraggione". Chi ha ragione
Fabrizio Vinzia.
Continua cosi!!!!


Assodato che la questione assume un risvolto prettamente locale che può suscitare l'interesse solamente dei miei quattro lettori Borgomaneresi e lasciare indifferenti tutti coloro che vi si imbatteranno nella rete, ritengo però importante far notare che non appena instauratosi in me il tarlo della curiosità mi sono lasciato coinvolgere dalla frenesia di una ricerca storica non facile da sviluppare. Come a dire che basta poco per accendere il fuoco di una passione per un interesse specifico, specialmente se attinente al luogo che ti ha visto nascere e fare le prime scorribande da fanciullo ed adolescente. Naturalmente ha trovato in me un terreno già predisposto in quanto famelicamente interessato a divorare tutto quanto attiene alle nostre radici ed alla storia ed ai luoghi che hanno visto protagonisti i nostri progenitori.
Ad accompagnarvi nella lettura, un De Gregori dal vivo con "La storia siamo noi".
Quanto più siamo consapevoli e testimoni del tempo in cui viviamo tanto più partecipiamo alla scrittura reale degli eventi che si tramanderanno negli anni. I libri di storia che abbiamo sfogliato a scuola non sempre sono lo specchio della realtà che l'uomo, in quanto singolo, ha invece vissuto a livello personale. La Storia, maiuscola, spesso e volentieri non racconta le nostre storie.




Per tramandare a chi verrà dopo di noi i fatti e gli avvenimenti occorrono testimonianze e fonti attendibili che li raccontino. Naturalmente se si riferiscono a cose di poco conto, come è ad esempio il caso nostro della ricerca della nascita o per lo meno della più antica presenza di un toponimo, sarà difficile recuperarle ed interpretarle. E, probabilmente, non si potrà mai dire di essere arrivati alla fine della ricerca. Troppe variabili concorrono nello sviare ed alterare una parola: un errore umano di trascrizione su un pezzo di carta, una pronuncia non perfetta nella comunicazione verbale, un'interpretazione sbagliata di un manoscritto ,il linguaggio che si evolve nel tempo, e chi più ne ha più ne metta.
Non per questo mi sono demoralizzato ed ho così iniziato la ricerca.
Mi sono messo di buzzo buono e mi sono ripromesso per prima cosa di consultare l'archivio comunale di Borgomanero.
Per chi, come me, è alla sua prima richiesta di accesso al magazzino dell'archivio, la cosa risulta un pò alienante. Occorre prima di tutto consultare un interminabile e voluminoso fascicolo ( a dir la verità sono due : uno in ordine alfabetico, l'altro per generi) che riporta i capitolati degli argomenti trattati suddivisi e catalogati in classi e sottoclassi. Chi non ha ben presente cosa ricercare si trova già in panico. Nel mio caso mi focalizzo sulla parola Baraggioni e spulcio tutti i titoli cercando di ricordarmi quelli che mi sembrano pertinenti.
Nella richiesta di visura che inoltro alla gentile signora che è incaricata della gestione dell'archivio si debbono specificare quali cartelle si intendono consultare. Per ora mi limito ad alcune che nel titolo con cui sono elencate riportano la parola Baraggioni ed anche Baraggione. Compilo la richiesta e dò appuntamento a due giorni dopo, al pomeriggio, per permettere alla signora di recuperare i fascicoli in questione. Il tutto mi verrà a costare 25,82 euro... E sì perche il servizio è a pagamento....
Due giorni dopo, la prima cartella che slego (è infatti annodata classicamente ai tre lati da un legaccio talmente impolverato che alla fine mi costringerà a lavarmi le mani...) contiene un fascicolo che per me è già una bellissima scoperta che, ancor prima di ultimare il quesito che è il titolo del mio post, mi spinge ad posticiparne l'eventuale risoluzione per affrontare invece l'argomento che mi suggerisce:



Progetto per la costruzione di un rampa dalla nuova strada comunale per Maggiora al Cascinale Baraggioni
ed è datato 29 ottobre 1879!


"Nuova strada per Maggiora" ! presuppone che ce ne fosse una vecchia...E dov'era? da dove passava? Mi risulta difficile collocarla col pensiero, oggi 2010,in quanto la colmettina, al culmine della salita che immette alla piana scavata dal Sizzone e introduce in Baraggioni, non lascia tanto spazio ad alternative in quanto da una parte, a destra, inizia il declivio collinare sul quale sorge Vergano e dall'altra inizia l'altipiano di Colombaro, divisi da una striscia che sarà larga all'incirca una ventina di metri. (Cliccateci sopra per avere l'immagine ingrandita poi, però,..freccetta indietro...)
Ed allora mi viene in soccorso lo splendido disegno che illustra il progetto stesso. All'interno della cartella che contiene le altre documentazioni in carta bollata da centesimi 50 che hanno dato inizio alla richiesta per lo studio di tale opera, mi si presenta questo schizzo molto dettagliato che è come una manna piovuta dal cielo per chi conosce il luogo avendolo vissuto fin da fanciullo. Ed ecco che, mentre ho il piacere di condividerlo e di sottoporlo all'attenzione di chi mi legge, mi trasporta magicamente indietro nel tempo e riesce a farmi immaginare come si presentava l'ingresso in Baraggioni in quel periodo.
Possiamo estrapolare diverse cose dall'osservazione del disegno. Anzitutto siamo 1 a 0 per Baraggioni contro Baraggione, nell'anno 1879... Risulta già sconfitto l'Istituto Geografico Militare i cui rilevamenti iniziano negli anni susseguenti e vedranno la luce ai primi del novecento. A scusante dell'Istituto, però, possiamo dire che se ha ricavato il toponimo dalle mappe del catasto Rabbini, che è antecedente questa data, ha ancora ragione lui, ma sarà una questione che riprenderò in un altro post... Per ora mi diverto a immaginare cosa esistesse in quegli annni.
Secondariamente, osservando il tracciato della strada vecchia, si deve per forza di cose asserire che i caseggiati attualmente esistenti sul lato sinistro (direzione Maggiora) della via attuale a quel tempo non esistessero.
Infatti la curva attuale quasi ad angolo retto, non era allora così pronunciata. Andava a lambire i primi contrafforti del "Multich", all'inizio dell'altipiano di Colombaro. La strada puntava poi, discendendo, verso il Sizzone ed occupava il terreno sul quale sarebbero sorti negli anni futuri la bottega dell'Andrea Vercelli mitica meta giornaliera degli anni cinquanta per l'approvvigionamento delle famiglie viciniore, sopravvissuta fino agli anni settanta ora negozietto all'ingrosso di maglieria intima; il famosissimo salumificio Vercelli, vanto ed onore del nostro borgo conosciuto e rinomato in tutta la provincia, ora trasferitosi in quel di Maggiate, con la nuova proprietà diventando Giromini e Zoppis: attualmente le grandi vetrate, che negli ultimi anni hanno sostituito le piccole porte sempre chiuse che salvaguardavano la privacy del salumificio,sono occupate da materiale elettronico del negozio per computer che sta comunque trasferendosi anch'esso;ed infine la casa della famiglia Biondelli che ha visto i natali della nostra attuale senatrice Franca Biondelli che onoratamente rappresenta la città di Borgomanero e dà lustro al nostro beneamato casale Baraggioni (1905 è la data di costruzione che è evidenziata sotto il tetto della casa).
In terzo luogo, si evince che, prima della costruzione della nuova via per Maggiora agli albori dell'800, non esistesse un ponte che superasse il torrente Sizzone. La vecchia strada scendeva fino a morirvi, in un punto in cui il livello dell'acqua è sempre stato molto basso a causa della leggera pendenza che ivi assume, per permettere ai carriaggi di guadarlo. Comunque esisteva una passarella in legno sulla quale transitavano le persone a piedi. Attualmente è stato costruito un muro di sostegno per evitare lo sfaldamento della riva proprio nel punto in cui si scendeva al torrente e dove mi ricordo che in gioventù vedevo le donne, anche quelle di Santo Stefano che vi giungevano dopo aver percorso il sentiero "Troglia", recarsi con l'asse per lavare sottobraccio e la "sciuera" in spalla contenente le lenzuola e gli indumenti da sciacquare nelle linde acque del Sciscion. Osservando bene nel greto del torrente si può notare come sia resistito al tempo, ma specialmente alle piene nel corso degli anni, qualche lastrone di pietra che probabilmente contribuiva a formare il piano di fondo che permetteva un più agevole rotolamento delle ruote dei carri trainati dalle mucche. Proprio sotto il ponte esisteva una lingua di sabbia addossata alla parete dello stesso che ci permetteva quando eravamo ragazzi di evitare di salire sulla strada per poi ridiscendere dall'altra parte ed accedere al sentiero che portava verso la "sciusa" dove eravamo soliti tuffarci nei 50 o poco più centimetri di profondità della lanca durante i caldi pomeriggi di giugno e luglio...Ora questo passaggio è ormai impedito sia dal muretto che dalla rigogliosa vegetazione che ha attecchito sulla sponda.
Quarta considerazione: è evidenziata la "Roggia adacquatrice dei prati" che personalmente ho visto nel pieno della sua attività ed ho anche visto morire...Il nome è già esplicativo. La roggia, "rusja", era un piccolo fossato dove veniva incanalata l'acqua del Sizzone per irrorare i prati della "nostra valle" che al tempo erano una ricchezza per la raccolta del fieno da accumularsi nelle cascine per il foraggiamento invernale delle mucche.I proprietari dei prati avevano diritto a spartirsi, in giornate prestabilite, l'utilizzo della roggia. Provvedevano quando era il loro turno a deviarne l'acqua nel proprio terreno direttamente o in piccoli solchi direzionali, a espandersi, ostruendo il corso principale con "teppe" (zolle...)di terra ed erba. Era un lavoro di pala e badile nella maggior parte dei casi, ma esistevano anche dei chiusini già predisposti che ne facilitavano il compito. Sotto l'abitazione dove sono nato, lambente un murettino di sostegno che delimitava ed innalzava il nostro cortile rispetto al piano dei prati, scorreva la roggia e lì vicino ne era posizionato proprio uno. Consisteva in due sassi, posti ai lati della roggia, lavorati a parallelepipedo con un'incanalatura verticale nella quale veniva infilato un asse della misura giusta per interrompere il flusso dell'acqua dalla direzione principale alla diramazione voluta. Eccone uno quasi completamente interrato ormai.
Tante immagini mi sovvengono ricordando i tempi in cui da ragazzo mi abbeveravo di quel verde che mi circondava. Io che gettavo dei legnetti nella lenta correntella della roggia, seguendoli per un bel tratto e curandoli affinchè non si impigliassero in qualche ostacolo, per decretarne il vincitore all'arrivo posto là dove un tombino incanalava l'acqua sotto la stradina di accesso per i carri alle cascine ed alla strada del casale. Proprio lì sorgeva una pianta di nocciole, solitaria in mezzo alla distesa d'erba. Ne approfittavo anche se erano piccoline e non avevano proprio nulla in comune con le "valone" "enormi ed inaccessibili" che si intravvedevano all'interno della raminata che delimitava la proprietà dei "Girom" nelle ultime case a mezzogiorno.Ed ancora... il "Sciruminu" che già al primo spuntar del sole arrivava nel prato e con una cadenza quasi musicale falciava l'erba che si accumulava magicamente in lunghe e regolari file. Interrompeva la sua lenta ma inesorabile avanzata solamente per ravvivare il filo della lama della falce con la "Co" che depositava poi nel "Queè" appeso alla cinta dietro la schiena, approfittandone anche per detergersi il sudore. Lo seguivo estasiato anche se nutrivo un sacro terrore nei suoi confronti perchè quando giocavo a pallone nel cortile a volte lo stesso sorvolava la recinzione della "ramina" e andava a finire tra l'erba alta del suo prato (proprio quello che si vede in foto ed è confinante con la mia casa paterna) e per andare a recuperarlo dovevo calpestarla lasciando così una traccia evidente che, quando era il tempo della falciagione, lo faceva imbestialire e lo faceva grugnire ad alta voce lanciando mille improperi contro quel discolo che l'aveva procurata.Ed ecco il "santarellino" proprio davanti a quel prato ai tempi delle sue marachelle.
Ed ancora, rivedo mio cugino Ermanno, una vita intera dedicata al lavoro nei campi indefessamente, con gli stivaloni fino alle ginocchia introdursi lungo il corso della roggia delle giornate intere a ripulirlo con la pala, accumulando il terriccio che lo invasava ai suoi bordi, ripristinandola e dandole nuova e rinvigorita portata. Con tale intervento, l'acqua scorreva limpida ad irrigare abbondantemente i prati facendoli diventare rigogliosi e verdi luccicanti.
E poi ci furono anche momenti che mi videro un pò ritroso nell'osservarla, poichè, di lunedì capitava che la roggia assumesse un colore rosso sangue. Ed era proprio sangue... Erano i lavaggi dei pavimenti, dove avveniva la macellazione dei suini al salumificio, che venivano convogliati nella roggia. Il lunedì era giorno di mattanza per i maiali che arrivavano sui camion dagli allevamenti, forse dell'Emilia. Con il protrarsi di questa operazione anche le acque si arricchirono di vermicelli rosso vivo che sguazzavano quasi scodinzolanti in essa. E da allora io non vi misi più piede...alla faccia dei bei tempi in cui potevo camminarvi tranquillamente.
E poi morì...
Fu l'anno ( non mi ricordo bene quale, ma credo quando ci fu l'alluvione nel Biellese che spazzò via diverse fabbriche tessili... qualcuno che se lo ricorda potrebbe suggerirmelo...) in cui il mio beneamato Sciscion volle visitare la valle che percorreva... Era di novembre, o forse fine ottobre. Tre giorni di pioggia torrenziale come mai ne avevamo vista. Dal balcone della mia casa vedevo preoccupantemente rialzarsi sempre più il livello di quella massa marrone che scorreva impetuosa. Fino a che ci fu l'esondazione. I prati (anche quello che ho postato sopra, dirimpetto casa mia) vennero invasi dalle acque limacciose che trovando nuovi spazi sembrarono calmarsi. Ma non cessarono di salire di livello. Stavamo già per andare in panico poichè, pur essendo rialzati rispetto al piano dei prati, le vedevamo sempre più avvicinarsi al cortile di casa. Poi tutto finì e pian piano il Sizzone ritornò a casa.
Nei giorni successivi ci fu l'esplorazione della valle. Una voce corse rapida. "La sciusa gh'lè più" La Chiusa, la lanca per eccellenza, dove andavamo a fare il bagno, non c'era più!
La furia delle acque di quei giorni riuscì a svellere i grandi macigni, incastrati a monte ed a valle da robusti tronchi che erano l'ossatura della diga "casereccia". Un grandioso lavoro che impegnò i nostri compaesani strenuamente, credo, perchè il posizionamento di quegli enormi massi non deve essere stato agevole con i pochi mezzi dei quali potevano disporre. Tra l'altro mi chiedo ancora oggi dove possano averli recuperati di siffatte dimensioni. Tale opera permise al corso del torrente di soffermarsi ad un piano rialzato da cui ebbe origine la diramazione della roggia di irrigazione. Grazie a ciò si era anche formata una insenaturina la cui riva rialzata argillosa era la nostra gioia di ragazzini perchè ci permetteva di spalmarci tutto il corpo con il tufo grigiastro così ben miscelabile con l'acqua da farne diventare un piacevole impiastro. Dopo esserci ben anneriti, prendevamo la rincorsa dal soleggiato prato (allora era un posto delizioso..., oggi è invece cupo e poco attraente) per tuffarci nella pozza abbastanza profonda e saltellare felici per risciacquarci dalla melma. La foto ritrae i resti che ancora oggi rimangono della diga, mentre la rimanenza dei grossi sassi è disseminata lungo il corso del torrente per una ventina di metri. Non c'è stata mai più,da allora, un forza così prorompente da trascinarli ancora di più a valle.
Con quell'alluvione morì la "sciusa" e con essa la roggia di irrigazione. Forse solo a mio cugino avrebbe potuto interessare il ripristino di tale opera: unico utilizzatore ancora dei prati della valle. La civiltà contadina era ormai un ricordo del tempo passato. La civiltà industriale aveva già preso il sopravvento ed i pochi agricoltori rimasti si potevano veramente contare sulle dita di una mano. I prati sarebbero comunque sopravvissuti anche se forse un pò meno verdi...
Altre testimonianze naturali di quell'opera si possono osservare nel suo tratto iniziale, dove, per tenere rialzato il livello dell'acqua rispetto al terreno circostante, si è costruito un terrapieno abbastanza alto. Ora è stato invaso dalle piante ed esternamente non si riesce a distinguerlo da un comune fosso. Invece dal di dentro ci si può rendere conto dell'entità degli argini nei quali scorreva l'acqua per permetterle di arrivare nella zona della strada per Maggiora da dove poi trovava facile scendere verso i prati sottostanti, dopo essere stata tombinata per superare la strada stessa.

Mi sto rendendo conto di essermi lasciato prendere da troppi ricordi e troppi argomenti e la strada per andare alla scoperta di chi sia nato prima "l'uovo o la gallina" ossia Baraggioni o Baraggione è ancora lunghissima e piena di sorprese.
Di sicuro ritornerò ad occuparmene non appena avrò recuperato qualche altro documento che valga la pena di essere sviscerato. Per ora ci fermiamo sul risultato di 1 a 1 mentre ritengo opportuno fare qualche considerazione finale rispetto al documento che ho descritto qui.

Ossia un pò di cattiveria dopo tanta poetica romantica legata ai ricordi.

Il disegno che ho riportato fa parte del progetto elaborato dal geom. Zotti Fabio su ordinazione del sig. Vercelli Battista e fratelli abitanti in Baraggioni, presentato in data 28 ottobre 1879 all'attenzione dell'"Onorevole Giunta Comunale di Borgomanero". Tali signori, probabilmente esasperati per il fatto che una precedente richiesta firmata da tutti gli abitanti del cascinale dei Baraggioni in data 27 febbraio 1876 (ben tre anni prima...)
per sistemare la rampa troppo accentuata in uscita dall'abitato che dava accesso alla nuova strada per Maggiora non aveva avuto esecuzione , si industriarono personalmente per presentare uno studio che aveva solo bisogno di essere messo in pratica. E solleticavano l'interesse del comune dichiarandosi pure disposti ad affrontarne le spese in prima persona contro la permuta del terreno che si era reso libero dall'abbandono della vecchia strada, peritato e valutato dal geometra stesso. La contropartita era favorevole al comune poichè il valore dell'opera era di L. 407,41 mentre il valore del terreno era stimato in L.264,20.

Dagli incartamenti non si conosce l'esito delle richieste. (Può darsi che in archivio sotto qualche altra voce si riesca a trovarlo). Sta di fatto, comunque che il tombino illustrato nel disegno è sicuramente stato posato poichè mi è stata data conferma che sotto l'attuale costruzione dei Biondelli esiste il cunicolo che una volta era la valvola di scarico per l'acqua che si raccoglieva nella zona in depressione. Attualmente non ha più nessuna utilità poichè tutti gli scarichi sono fognati, e difatti è stato chiuso in quanto era diventato ricettacolo di topi da fogna.
La strada non ha certamente il dislivello che allora era rappresentato, per cui si può tranquillamente ritenere che l'opera sia stata eseguita come da progetto.
Laddove passava la vecchia strada, più avanti negli anni, si è costruito, per cui...

Ciò che non potè l'umilissima richiesta di tutti gli abitanti (leggere l'allegato della prima istanza......) forse fu possibile con il luccichio dei denari....