Vergano

martedì 2 dicembre 2014

Alla ricerca delle vigne che furono

Prima parte 



 Quattro giugno 2010
 Con Silvio e Floriano alla Cumiona , zona dei vigneti che furono di Vergano.
Km. 9,1







Inizio questo post con un po' di apprensione poiché il lavoro che mi prefiggo si preannuncia abbastanza lungo in quanto prevedo di inserire numerose citazioni che potrebbero fuorviare la linearità del racconto.
Comincio col dire che ho lavorato parecchio coi filmati che inserirò. Innanzi tutto la cassetta originale ha una lunghezza tale da non poter essere caricata in Youtube . Ho dovuto perciò, utilizzando il programma di conversione video di Pinnacle, suddividerla in sette spezzoni, creando anche opportuni (secondo me...) commenti audio mixandoli con il sonoro originale. Ho impiegato un giorno intero per crearli e poi caricarli su Youtube in modo da permettermi la condivisione nel mio blog.
Ecco la prima parte .




Prima di entrare nel vivo del racconto, voglio citare il motivo per cui, dopo che il mio blog è rimasto inattivo per parecchio tempo, ho ripreso a postare.
Ho incontrato poco tempo fa mentre facevo acquisti alla mia abituale edicola, Floriano. Ci siamo soffermati a discutere del più e del meno e tra gli argomenti della nostra conversazione è spuntato pure il mio blog "Al Sciscion" . Floriano ha esordito dicendo che quando accede al computer spesso va alla ricerca se ci sono novità nelle mie pubblicazioni, poiché si aspetterebbe di vedere descritto il resoconto della nostra escursione nel territorio della Cumiona, alla ricerca dei posti in cui sorgevano i vigneti  Verganesi, con Silvio come nostro appassionato ed appassionante "cicerone" quale custode mnemonico dei luoghi e della loro toponomastica dialettale. E poi aggiungeva degli elogi convinti riguardo alla eccellente qualità dei miei scritti, esortandomi a continuare con altri racconti. Debbo dire sinceramente che sentire tali apprezzamenti mi ha fatto enorme piacere e mi ha spronato a ritornare nel Web, non nascondendomi le difficoltà che avrei incontrato, conoscendomi e sapendo con che pignoleria avrei affrontato il lavoro, alla ricerca di una mia perfezione stilistica e contenutistica.
Così eccomi qui a raccontare di quella bellissima e soleggiata giornata di giugno di quattro anni fa.
In quel periodo ero appena fuoriuscito dal gruppo AIB di Borgomanero, dopo aver trascorso un anno, il 2009, con un paio di interventi chirurgici a dir poco devastanti e mi stavo riprendendo fisicamente a poco a poco. Avevo comunque mantenuto rapporti occasionali con alcuni del gruppo. Con Silvio, che aveva perorato la mia presenza nel gruppo stesso appena un anno dopo il mio pensionamento dal lavoro quattro anni prima, memore delle stagioni d'oro da entrambi vissute attivamente nell'ambito sociale e ricreativo di Vergano, a volta anche in concorrenza (ACLI e circolo VERGUS) ma spesso in collaborazione per i carnevali, intorno agli anni 70-80, in particolare avevo scoperto una certa identità di vedute e sintonia di intenti. Così avemmo occasione di esternarci la necessità ed il desiderio di effettuare delle leggere e salutari sgambate, per nulla impegnative, date le condizioni fisiche di entrambi, ma che rammentassero contenuti storici e territoriali in modo da stimolare i nostri ricordi. Feci la proposta di percorrere i sentieri (se ancora esistenti...) che portavano alla zona dei vigneti coltivati dalle genti di Vergano. Accettata entusiasticamente, in una stupenda giornata pre-estiva, dal clima ideale per un'escursione nei boschi, attuammo il nostro proposito. Compagno di viaggio Floriano. Guida riconosciuta ed apprezzata Silvio che, con i  ricordi della sua adolescenza, ancora vivissimi ed appassionati, è riuscito a trasformare una semplice passeggiata in una sorta di storia paesana.
Floriano ed io siamo saliti, dal "Piemunt" dove abita, fino alla casa del Silvio in via Castello. Dopo i convenevoli dei saluti, ci siamo incamminati in discesa, lungo la stradicciola ....che porta all'oratorio di San Rocco. (Di questa strada potrei, prossimamente, raccontarne le vicissitudini al tempo del Gruppo Zero, nel 1970...)

 

Sfiorato l'oratorio, ci siamo diretti a sud imboccando prima la sterrata e poi la nuova strada asfaltata che porta al Cimitero, dopo aver attraversato il ponte sul Sizzone. Ad ovest del muro di recinzione del camposanto partiva il sentiero che abbiamo imboccato (ed ora dopo quattro anni è già difficile vederne la traccia , invaso dalle sterpaglie e nuove robinie attecchite). Subito Silvio ci ha edotto sul nome della zona ,già pendio, ad ovest: le Selve o forse meglio "Selvi" in dialetto. Al suo culmine il "Roclu". (In effetti, come fattomi poi rimarcare da Silvio, dovrebbe essere chiamato "Ruclin" poiché il vero Roclu , Roccolo in italiano, luogo dove avveniva la cattura degli uccelli grazie ad una zona delimitata da reti che ingabbiavano i volatili in una morsa mortale, era il rialzo dove ora è stato costruito il condominio all'estremità nord di Vergano, poco prima di Mirasole. Forse venne ai tempi denominato Ruclin perché era una versione minore di un Roccolo? )
Abbiamo proseguito poi, verso sud, in piano su una pista ben battuta e larga, fino ad incontrare il fosso che raccoglie le acque scolatizie provenienti dalla zona superiore dei Livelli ("Nivei"). E' il "Creus (leggere alla francese... Mannaggia come è difficile scrivere in dialetto...) d'la vigna d'la Gesa" come ci informa saggiamente Silvio. A questo punto ci siamo direzionati verso ovest  con la strada che inizia leggermente a salire. Alla nostra destra il bosco della "Rulina" di proprietà del fu Gabriele Ubertini (grande possidente terriero di Vergano) ed ancora oggi, forse, appartenente ai suoi figli. Prima di imboccare l'erta che sale verso i Nivei, Silvio ci ha accompagnati fino a che il sentiero lo permette , per farci intravedere che di là dal Creus esisteva il sentiero che portava ai vigneti della "Mujota". Era la via di accesso dei residenti di Canuggioni e Baraggioni per raggiungere tale zona. Percorsa parecchie volte anche da me, ragazzino, quando mio zio Battista vi coltivava il suo vigneto ( a dir la verità credo che appartenesse a mio zio Dobra che non era più in grado di curarlo). Lungo la sua ripida salita crescevano rigogliosi castagni che erano la gioia di noi passanti in quanto ci permettevano un raccolto generoso tale da riempire  le nostre "curbeli" (cestini ).
Per accedere a tale sentiero occorreva entrare in Canuggioni, percorrere la strada che fiancheggiava la Valansciona, passare dietro le ultime case  dei Giromini, attraversare un breve tratto di prato e poi immergersi nella verde frescura del bosco affrontando il non facile erto sentiero  per poi approdare al pianoro dove sorgevano le prime vigne.
Ho ripercorso questo sentiero, in senso inverso, l'inverno del 2008, con Eugenio. Dopo una buona nevicata, volevamo, con una gioia tutta infantile, imprimere le orme dei nostri scarponi per primi sulla coltre immacolata che era scesa ad ammantare le nostre miserie umane.


Eravamo saliti dal punt'ad tola su per il sentiero che porta alla "Rusa", faticando poi non poco per trovare l'accesso alla strada dei Nivei e della Mujota, passando in mezzo a quelle che erano state le vigne di un tempo, sprofondando parecchie volte in buche impreviste ed imprevedibili, ed infine ritrovare la parvenza di un sentiero. Ci siamo pure sorpresi piacevolmente nel vedere le numerose orme lasciate dai caprioli, sperando di poter fare un incontro ravvicinato con qualcuno di loro. Dopo un tratto pianeggiante, siamo arrivati all'imbocco del sentiero che porta verso la valle del Sizzone, quasi riconoscendolo essendo ancora ben impresso nelle nostre memorie, per poi percorrerlo in discesa, con le dovute cautele. Al termine del pendio più ripido. uscendo dal bosco, siamo arrivati al prato, ultimo tratto prima di entrare in Canuggioni. Con nostro estremo disappunto abbiamo constatato che in prossimità delle prime case il passaggio non era più possibile in quanto una recinzione di rete metallica ne bloccava l'accesso. Alla nostra destra il groviglio dei rovi e le sterpaglie ci impedivano l'aggiramento attraverso il bosco ed abbiamo perciò dovuto arrangiarci strisciando contro la raminata da una parte ed i rovi dall'altra per sbucare finalmente sulla strada a ridosso della Valansciona.
(Nella foto qui sotto, ripresa dalla riva del Sizzone per gentile concessione di Achille Grisoni, guardando ad ovest, si vede sullo sfondo la ripa che porta alla Mujota ed ai Nivei, ed in primo piano il prato che collegava il sentiero con Canuggioni, poco appena alla sinistra.Tra l'altro tale tratto di prato fu percorso in un'edizione della Camminata dell'amicizia negli anni ottanta del secolo scorso...).


Ritorno alla descrizione della camminata con Silvio e Floriano. Abbiamo iniziato ad affrontare la via di accesso alla zona dei Nivej , mantenendo alla nostra destra il declivio della ex "Vigna'd la Giesa". Il sentiero assume una buona pendenza (vedere il grafico altimetrico...) mentre si infittisce il sottobosco e pian piano sparisce dai nostri piedi. Silvio , quando siamo giunti alla parte terminale dell'erta, ha cominciato a  guardarsi intorno, quasi spaesato, di fronte al nuovo aspetto assunto dal suo vigneto. Era alla ricerca del Castagno del Luigino, mitica pianta che nella sua gioventù, ma ancora fino a una decina d'anni fa, era talmente generosa e fruttifera da donare a chi si avventurava nel fosso del Creus un raccolto abbondante di castagne tale da riempire una "curbela". Ma non lo ha trovato... E neanche il ponticello che univa il territorio dei Nivej. Come si può notare dalla traccia rossa rilevata dal GPS sulla mappa di inizio post eravamo arrivati vicini al luogo che Silvio aveva in mente, ma la fittissima vegetazione ci aveva impedito di proseguire verso Nord .  Giocoforza abbiamo dovuto trovare un passaggio verso est, giungendo così in zona "Manghineli".



Ed ora aggiungo una "chicca" grazie alla concessione di Piergiorgio Bertona (il ragazzino con la camicia scura nella foto  qui sotto), cugino di Silvio. Due fotografie datate 1953, che ritraggono parte della famiglia di Silvio e della famiglia di Piergiorgio.  La prima è
stata scattata al bivio della "Stonga" con la strada per il "Muntaut", mentre si avvicinavano alla vigne di loro proprietà, col padre di Silvio in bella evidenza alla conduzione del "baroz" trainato dalla "Biunda" e dalla "Mora" le mucche di loro proprietà. La seconda ,con tutti i vendemmiatori, in zona "Nivei".



 Bellissime testimonianze di un mondo rurale che stava quasi per scomparire, a causa dell'avvento del mondo industriale. Nel ricordo di coloro che oggi sono settantenni, i mitici anni cinquanta assumono le sembianze sfumate e quasi fiabesche di un periodo innocente e spensierato, dopo i tragici periodi della guerra. Le umili e spartane condizioni di vita favorivano la coesione dei nuclei familiari e il sentimento di appartenenza ad una sfera affettiva che ti proteggeva e coccolava . Le esternazioni verso il mondo degli altri erano vissute, nelle grandi occasioni quali la vendemmia, come una gioiosa sorta di festa popolana che accomunava fatiche, usanze, relazioni, e momenti di felice coesistenza. Tra i filari durante il raccolto si innalzavano i cori che le donne solevano intonare con le canzoni popolari del tempo. E, come un'onda  di echi più o meno lontani, si intrecciavano le risposte canore provenienti dai vigneti viciniori. E si diffondeva nell'aria un sentimento di gioviale serenità e di sincero ringraziamento per il dono della vita ed i frutti di madre natura. E gli uomini potevano finalmente felicitarsi per il lavoro portato a termine dopo le fatiche di un anno intero, in attesa poi di assaporare il risultato finale da un buon bicchiere di vino da pasto.



Dopo aver gironzolato per la vigna di "Manghineli"del Piergiorgio, commentandone il recente abbandono della coltivazione, dopo un periodo di riattivazione da parte sua, ci siamo soffermati presso i "resti" di un accessorio atto a facilitare alcune operazioni della coltura della vite. Vicino ad un tubo in cemento di raccolta delle acque, alcuni paletti in legno conficcati in terra,ormai quasi marciti, ed  i residui di un asse, dimostrano come ci si era ingegnati per facilitare la spallatura della macchina per "bagnè" la vigna, dopo averla riempita con la miscela di verderame. E' Silvio, grande testimone mnemonico dei luoghi della nostra escursione, a farcelo notare.( Lo si vede bene nel filmato)
 Indi proseguiamo alla ricerca di un passaggio verso nord dato che sentieri o strade sono ormai inglobate dalle sterpaglie e dalle piante diventate padrone del terreno. Ci stiamo dirigendo verso la "Rusa".
Ed ora voglio aprire una lunga parentesi, anche se non esaustiva, che tratterà delle modalità di accesso a questa zona vinicola partendo da Vergano. Non potrò essere sicuro al cento per cento di quanto andrò a scrivere, ma confido nella benevolenza dei miei due lettori che, magari potrebbero correggermi e aggiungere altre notizie.
 Ho bazzicato in un paio di occasioni negli archivi comunali di Borgomanero. Come già descritto in un altro post, ero alla ricerca di notizie riguardanti il toponimo Baraggioni (o Baraggione?) e nello sfogliare i capitolati dei faldoni mi sono imbattuto in alcune documentazioni riguardanti Vergano che, come è noto, è stato comune autonomo fino al 1928 e quindi dotato di un proprio archivio che, con la riunificazione successiva è stato inglobato con quello di Borgomanero. Mi ha colpito il fascicolo che , corredato da un disegno enorme che illustrava l'attuazione del progetto in essere, trattava della "Riattazione della strada consortile denominata della Rosa". Mi sono fatto fotocopiare il tutto dalla solerte impiegata addetta all'archivio, anche se con qualche difficoltà per la gigantesca mappa.
Posso già qui elucubrare sul toponimo "Rosa" che è giunto ai nostri giorni come "Rusa". E' facile constatare come la vocale o di Rosa (inequivocabilmente o: comparatela con la o di consortile...) scritta con quella leggera apertura nella parte superiore della stessa, fosse foriera di possibili errori di lettura. Infatti col passare degli anni ha preso piede nella tradizione orale il termine "Rusa", tra l'altro  rusticamente più consono ai luoghi difficilmente raggiungibili  e dai sentieri poco accessibili piuttosto che Rosa, più delicato e adatto forse a regioni più romantiche...
Ma qual'era questa strada consortile? Allego una riproduzione parziale della mappa, facente parte del progetto del 1870, che ho potuto giuntare con non poca facilità.
Si riesce ad intravedere all'estrema sinistra, in basso, l'esistenza della pedana in legno (quella linea nera che attraversa il Sizzone, il cui senso di scorrimento verso sud è evidenziato da una freccia), non ancora Punt'd'tola (verrà costruito nel 1892). Appena oltre il torrente, dopo aver guadato, nel punto in cui l'acqua era più bassa, si svoltava subito a destra e i carriaggi si inerpicavano su quel percorso irregolare, ma abbastanza ampio, che portava fino alla sommità della collina là dove sorgevano i primi vigneti. Non posso affermare con certezza che veramente i baroz trainati dalle pur poderose mucche di allora salissero quel pendio anche perché, osservandolo con le condizioni degradate odierne, risulta veramente ostico, aspro e quasi impossibile da affrontare. E' presumibile che allora fosse più curato.
Però....
In data 15 agosto 1858, dagli atti della comunità di Vergano, si evince che si era costituito un consorzio tra gli utenti delle strade della Varzaigha, Montalto e Levelli  per garantirne la efficienza e manutenzione, ma non è specificata se la via di accesso  fosse la Cumiona o la Rosa.



 Sta di fatto, comunque, che quando nella primavera del 1870 viene deliberato di affidare al geometra Vercellotti lo studio (sopra menzionato) per la riattivazione della strada della Rosa, si fa riferimento alla vecchia via di accesso che abbiamo ricordato. E' quindi presumibile che veramente i vignaioli Verganesi transitassero dalla valle del Sizzone, verso San Rocco, per accedere all'altipiano della Cumiona, piuttosto che da Canuggioni. Sicuramente quelli che raggiungevano le vigne a piedi passavano da là.
Il progetto, descritto minuziosamente in ogni sua componente (dalla quantità di ghiaia e dal suo spessore, al numero dei paracarri, dai tombini per lo scolo delle acque prative alla descrizione dei tavolati per il guado, dalle opere di sbancamento e livellamento alla cura dei fossi laterali , etc.) avrebbe richiesto un esborso di L. 3.337,40 per il completamento dell'opera e di L. 658,17  per i rimborsi di espropri, mentre il compenso al geometra fu di L.258,15 (saldato nel 1874).




L'opera prevedeva, come si può evidenziare dal disegno più sopra riportato, di proseguire a sud, dopo aver attraversato il guado del Sizzone, sfruttando quel pianoro che in futuro diventerà il luogo della colonia solare Verganese di prima della seconda guerra mondiale http://alsciscion.blogspot.it/2010/03/colonia-solare-di-vergano.html e poi successivamente lo stadio "Beniamino" (dal nome del proprietario benefattore) dove negli anni sessanta del secolo scorso disputammo le Olimpiadi ed infiniti scontri calcistici.


Giunti più o meno nella zona dove sorge ora il Cimitero, la strada avrebbe svoltato decisamente , con un tornante, verso Nord iniziando a salire la riva che Silvio ha chiamato delle "Selvi" (il bosco che si vede sullo sfondo alle spalle dei ragazzini). Questo proseguimento a sud avrebbe permesso, allungando il tragitto, di attenuare la pendenza della salita verso la sommità della collina in modo da bypassare il vecchio percorso, che era veramente ostico in avvio, fino a ricongiungersi verso la sommità là dove la strada originaria ammorbidiva leggermente (ma avrebbe dovuto comunque essere rilivellata per renderla più uniforme). Questa nuova via avrebbe dovuto essere larga 5 metri, ma fu ridotta a 4 dopo il vaglio della commissione prefettizia .

A corredo informativo del progetto, venne allegato l'elenco degli utenti della strada denominata della "Rosa". Ben dodici fogli con nomi e cognomi dei proprietari delle vigne, o dei boschi, con individuati il luogo e l'estensione dei loro appezzamenti.
Interessante notare come i toponimi dei luoghi citati fossero in minor numero rispetto a  quelli che oggi vengono ricordati introdotti, forse, dalle generazioni successive a quella di allora. Roccoli, Boscaioli, Livelli, Varzaighe, Vallansciana, Mojetta, Montalto, Ronchetti ed i prati Sizzone, Vignola, Ortani (?), Pracomune(?).
Ben 277 appezzamenti! Come ben visibili nella loro suddivisione, anche se non completamente a nord ed ovest, dalla mappa del catasto Rabbini.




L'opera non fu neppure iniziata.......
 Nonostante il tentativo di coinvolgere la provincia e la prefettura, non si ottenne nessun risultato. Anzi la risposta del prefetto fu, in sintesi, tradotta da me : arrangiatevi, siete un consorzio e come tale investite i vostri soci delle loro responsabilità ed affrontate le spese a carico vostro... e del comune. Noi come prefettura vi suggeriamo solamente, dal punto di vista ambientale, di restringere la carreggiata a 4 metri anziché 5. In effetti la risposta dell'ingegnere capo dell'Ufficio governativo lavori pubblici per la provincia di Novara, era più articolata e sottolineava pure che la suddetta strada non rientrava nè nell'elenco delle strade comunali né in quello delle vicinali...(solamente la via San Rocco rientrava tra quelle registrate il primo luglio 1867...) . E faceva rimarcare che, al momento in cui fu redatto il progetto di riattazione, il perito aveva espresso il duro giudizio che da anni la così detta strada della Rusa versava in pessime condizioni ed era intransitabile...
Ma lascio alla vostra curiosità e pazienza l'interpretazione dei documenti originali provenienti dalla Provincia. Ingranditeli e decifrateli.... Io l'ho fatto... Con un po' di fatica, ma alla fine si riesce a leggere il tutto!
Altrimenti fidatevi del mio amaro sunto!!!





Vi lascio immaginare le difficoltà nel cercare di portare avanti il progetto di tale opera e la delusione che si deve essere impadronita dei promotori. D'altra parte il piccolo comune di Vergano non aveva sicuramente le risorse per affrontarne tali spese ed i soci del consorzio sicuramente si aspettavano delle contribuzioni da parte degli enti statali. Purtroppo, visto che dovevano contare solamente sulle proprie risorse, nonostante il numero impressionante di interessati al compimento dell'opera, dovettero abbandonare i buoni propositi. Si sa che quando c'è da mettere d'accordo così tante teste, non sempre si riescono a trovare soluzioni condivise.
Il sogno della Strada della "ROSA"  svanì miseramente e non fu mai più riesumato.
Tempi difficili aspettavano i viticoltori....
 Nel 1887 fece la sua comparsa la peronospora  ed il suo impatto con il raccolto delle uve fu disastroso. Probabilmente in tanti dovettero abbandonare la coltivazione, in attesa che la scienza fornisse le prime controindicazioni al nuovo fenomeno mortale per i vitigni e prendesse piede il metodo di cura.
 Così diventò preponderante il lavoro di ripristino dei vigneti malati e la strada della Rusa cadde nel dimenticatoio.

Mi vedo costretto a terminare questa prima parte del post, in quanto mi rendo conto di essermi dilungato assai ed aver reso la lettura dello stesso abbastanza pesante.
Spero che mi abbiate seguito fin qui e vi do appuntamento per il prossimo lasciandovi in compagnia di Floriano e Silvio con il proseguimento del filmato. 

  



Correggetemi, se ho sbagliato... e commentate!