Vergano

giovedì 6 agosto 2009

Cammina, cammina...La Massa del Turlo


Mercoledì 5 agosto 2009 Alpe Le Piane-Massa del Turlo e ritorno km. 9,4


Partenza ore 8,59 In vetta ore 11,47 Ritorno ore 15,07



Dislivello 763 m.






Like a rock, canta Bob Seger... Ma in effetti, con questa impegnativa e faticosa escursione in compagnia dei Vercelli brother's al completo, non sono rimasto saldo ed indistruttibile come una roccia , appunto. Dopo un periodo di facili camminate lacustri, ritornare a percorrere sentieri montagnosi con dislivelli importanti, ha fatto entrare in crisi i miei muscoli che hanno iniziato a dare segni di strappi e crampi fin già da metà ascesa. Lasciando che i miei fratelli proseguissero con il loro passo, mi sono adeguato alle mie condizioni e, piano piano ho raggiunto anch'io la meta che ci eravamo prefissati: la vetta della Massa del Turlo, denominata pure Il Giandolino.

Caricati armi e bagagli sul "Pandino" di Arnaldo, ci siamo diretti verso la Valsesia raggiungendo in breve, nonostante qualche piccolo intoppo di traffico, Varallo. Qui abbiamo deviato a destra imboccando la Val Mastallone, la prima delle due importantissime valli laterali che caratterizzano il versante orografico sinistro della Valsesia. (l'altra è la val Sermenza che porta a Rima e che a metà si sdoppia verso destra nella val d'Egua che culmina nella conca di Carcoforo).Ne percorriamo il tratto iniziale per circa quattro chilometri e poi, in località Barattina, imbocchiamo il bivio a destra che sale verso Cervarolo, mentre essa prosegue stretta e tortuosa, superando il ponte della "Gula", insinuandosi verso Sabbia e la relativa deviazione ancora a destra verso la val Sabbiola e poi verso Cervatto e Fobello per poi morire nella Valle Baranca ai confini con la valle Anzasca di Maccugnaga; una ulteriore diramazione a destra, prima di Cervatto e del "Ponte Due Acque", risale fino a Rimella e poi San Gottardo, punto di partenza per la Bocchetta di Campello che dà l'accesso alla alta Valle Strona.

Vista aerea delle frazioni di Cervarolo da nord Cartolina anni sessanta Cervarolo vista da sud

ecco il link dal quale sono tratte queste foto http://www.cervarolo.it/ vale la pena visitarlo.

Giunti a Cervarolo dopo aver percorso un ripido e stretto tratto di strada con alcuni tornanti, proseguiamo attraverso le sue frazioni, Villa Inferiore, Sassello, Villa Superiore e Volta, fino a che termina la parte asfaltata ed inizia un tratto sterrato abbastanza largo, mai in forte pendenza e con il fondo in buone condizioni che dopo circa tre chilometri termina al rifugio del Gruppo Camosci del CAI di Varallo in località Le Piane.
Il rifugio Camosci è una Capanna Sociale con 14 posti disponibili ma nessun locale invernale. E' una spaziosa costruzione custodita a turno col volontariato degli iscritti al gruppo Camosci del CAI di Varallo Sesia, nei giorni festivi con servizio di accoglienza per i soci stessi. E' stato costruito su una baita preesistente, nel 1956, e successivamente riadattato. La strada si interrompe qui e non si ha diritto di accesso al piazzale del rifugio. Provvediamo a girare l'auto e parcheggiarla in direzione di discesa a fianco della sterrata dove già sono posizionate diverse vetture. Ci carichiamo gli zaini in spalla, accendiamo il fido Gps ed iniziamo l'escursione. Optiamo per il sentiero che sale verso la bellissima chiesetta che ci accoglie in questa stupenda Alpe.




Arnaldo è andato a dare un'occhiata al suo interno





Presso questo bellissimo oratorio dedicato alla Madonna delle Nevi si raccolgono, nella prima Domenica di agosto di ogni anno, gli abitanti di Cervarolo e delle sue frazioni per festeggiarne appunto la ricorrenza. Ne documentiamo l'evento con l'immagine del 2006 tratta sempre dal sito (purtroppo non più aggiornato...) dell'Associazione Cervarolo. Oltre la chiesa ci accolgono le magnifiche baite ristrutturate che disseminano i pascoli dell'Alpe Piane. Ci sorprendiamo un pò nel vedere i loro tetti in lamiera color legno e non con le caratteristiche coperture montane, però non possiamo non ammirarne il loro perfetto inserimento nell'ambiente che le circonda. Il colpo d'occhio è veramente appagante. Un tempo le baite esistenti avevano tutte i tetti in paglia , quasi fossero dei "taragn", caratteristiche costruzioni della zona del Parco del Fenera. Possiamo vederne la metamorfosi da questa cartolina d'epoca (anni 50) confrontata con le immagini odierne. Iniziamo a percorrere il sentiero contrassegnato dal numero 640 che inizia proprio alla chiesetta e che ci permette di osservare quale sarà la meta del nostro camminare. Gianfranco ci invita ad ammirare, là alle sue spalle, i crinali che dovremo percorrere per raggiungere la cima Ventolaro prima ed infine la Massa del Turlo. Puntiamo decisamente a nord. Nell'attraversare Le Piane, tra le altre baite, notiamo un secondo rifugio. E' il rifugio, privato, Gaudenzio Cerini, adibito pure a servizio ristorazione. Di questo locale possiamo postare una foto degli anni sessanta, ricavata dal sito del comune di Cervarolo. Anche in questo caso possiamo fare un confronto con l'immagine scattata oggi, tenendo conto, però, della diversa prospettiva e della diversa inquadratura delle foto, notando l'ampliamento che ne è stato fatto. Nel vedere le vecchie immagini che riproducono il territorio delle Piane, non possiamo non notare che in passato i pascoli avevano la prevalenza nei confronti del terreno occupato dai boschi e dalla vegetazione. Certamente possiamo dedurre che al tempo fosse importante l'attività alpigiana di allevamento e pastorizia, per cui anche il territorio era adeguato alla bisogna. Al giorno d'oggi, pur mantenendo la funzione fondamentale di pascolo, forse l'alpeggio è ormai diventato luogo adibito a residenza estiva per i proprietari delle baite. Noi non abbiamo notato, oggi, attività dedite all'allevamento, mentre alcune foto, tratte sempre dal sito di Cervarolo, documentano che invece vi ci si svolge anche ai nostri giorni. La meta è ancora lontana, ma la bella giornata e la suggestiva località che stiamo scoprendo ci rendono di buon umore. Ancora di più lo diventiamo quando incrociamo una coppia di anziani che stanno discendendo dalla Cima Mazza Fontanelle, o per lo meno dai boschi dei suoi pendii, alla sinistra dell'Alpe. Lei porta sulle spalle una gerletta abbastanza capiente. Comprendiamo che sono cercatori di funghi , venuti ad iniziare la loro stagione proprio in questo posto così rinomato per questa cosa: ogni anno a Cervarolo si svolge una festa esclusivamente dedicata ai funjat. Arnaldo ed Eugenio, anche loro appassionati cercatori, non possono far altro che sorridere di fronte alla speranzosa e fiduciosa signora così ben attrezzata...Si permettono di lanciarle una domanda alla quale già sanno dare una sicura risposta. "Quonti si truvanu?" "Gnonca l'umbriia..." è la loro sconsolata e delusa affermazione. Sicuramente troppo in anticipo coi tempi! Così proseguiamo verso il termine della Piana facendo commentini tra di noi un pò sarcastici..."La vuleva forsi impinì la sciuvera?"... Abbiamo proseguito con due anziani signori biellesi (uno addirittura ottantaduenne...) che ci avevano preceduto nella salita in macchina fino a Cervarolo per poi cederci il passo quando la strada era diventata sterrata, probabilmente perchè non sapevano fino a che punto spingersi con il mezzo. Ritrovati, dopo i preparativi, ci hanno tenuto compagnia per un un pezzo di percorso, condividendo con noi il tratto che, dopo un bel bosco di faggi, ci ha fatti pervenire ad una zona prativa disseminata di faggi sparsi e betulle. Dopo questo terreno misto in località Crosa verso il Vanecc delle Piane, guadagnamo abbastanza rapidamente in altitudine e finalmente i nostri orizzonti si allargano e ci permettono di ammirare lo stupendo panorama che inizia a dipanarsi davanti ai nostri occhi. Siamo sulla dorsale che divide la val Bagnola, alla nostra destra, dalla val Sabbiola, alla nostra sinistra, salendo.Ed appare nella sua maestosità il Monte Rosa. Proseguiamo a rilento, ora, poichè ci soffermiamo spesso per godere del bel panorama che è apparso ai nostri occhi, ma anche perchè io mi attardo per le riprese con la telecamera e ...per riposare... A proposito molte delle immagini che ho scaricato provengono dal filmato per cui, se ingrandite cliccandoci sopra, non danno una grande resa visiva come invece possono garantire le fotografie digitali scattate da Eugenio. In questo tratto di percorso fiancheggiamo dei piccoli avallamenti di terreno, quasi impercettibili e senza particolari evidenziazioni che ne attirino l'attenzione. Noi ne notiamo alcuni perchè, come citato da Torri Stefano, stimato speleologo Novarese nel suo sito "torriste" http://www.torriste.it/90931.php, vi abbiamo letto che sono la manifestazione di un fenomeno naturale, molto più conosciuto ed evidente nel Carso, che origina le "doline": cavità sottostanti il terreno, la cui volta ha ceduto, ostruendole col suo materiale di crollo e determinandone conseguentemente un avallamento superficale.Eccone due piccolissime, forse di mezzo metro di diametro,indicate da Arnaldo come macchie scure ombreggiate. Ed un'altra più grande e poco profonda che non risalta però molto bene nella foto. Intorno ai 1400 metri di altitudine,per evitare un difficile passaggio roccioso, il sentiero devia leggermente verso est abbandonando il crinale e mantenendosi a mezza costa, riparato dal vento ed anche contornato da qualche rara betulla che regala un pò di refrigerio dal sole che comincia a farsi sentire.In questa zona, al ritorno, Eugenio farà raccolta di lamponi i cui cespugli costeggiano un bel tratto di percorso.Questo lungo traverso, dalla parte della Val Bagnola, è accompagnato da folta e disturbante erborescenza che ci rigetta addosso tutto il calore che assimila in quest'ora mattutina ormai avanzata. Comincio ad accusare un pò di fatica ed il fiato mi viene affannoso. Così sempre più spesso mi fermo e lascio che i fratelli prendano un bel vantaggio. Alzando lo sguardo verso l'alto, a volte non li vedo neanche più ed allora mi demoralizzo un pò per non essere in grado di mantenere il loro passo. Ma spaziando con la visuale tutto intorno, una volta ritornati in cresta sulla dorsale che guarda verso la val Sabbiola,il cuore si allarga e gioisce di questa stupenda veduta che riempie i nostri occhi. Le pendenze si fanno più accentuate ma la vetta ancora non si riesce a vedere. Guardo in alto e capisco che i miei fratelli sono giunti alla Cima Ventolaro e stanno aspettandomi. Raccolgo un pò di animo e, seppure lentamente, mi accingo anch'io a raggiungere il primo, minimo, traguardo che in partenza ci eravamo prefissati. "Se non ce la facciamo, ci fermiamo al Ventolaro", avevamo concordato...Ed eccomi anch'io, soddisfatto, arrivato a gustare questo grande spettacolo a 360 gradi, ed alle mie spalle la Massa del Turlo ancora lontana.... ma davanti lo spiazzo prativo dell'Alpe Piane così distante ormai è laggiù in basso a inorgoglirmi per il percorso fin qui compiuto. Qui, alla Cima di Ventolaro, il cui nome forse fa riferimento all'esposizione ai quattro venti a cui è sottoposta,facciamo una bella sosta. Ci rifocilliamo e scattiamo fotografie e riprendiamo il bel panorama che ci viene offerto. Viene più naturale rivolgere lo sguardo verso ovest, là dove il massiccio del Rosa impone la sua figura. Ma non possiamo nemmeno sottovalutare l'attrattiva che offre la sinuosa e stretta val Sabbiola della quale possiamo pure ammirare gli ultimi due centri abitati che spiccano in mezzo al verde dei boschi:Salaro ed Erbareti. Ed ancora i solchi, come profonde rughe, creati dai piccoli corsi d'acqua che si originano sul versante della Cima di Razzarola (1714 m.) che degrada verso nord verso l'alpe Cevia, il Colmetto e l'Alpe Campo. Stupenda sella dalla quale si può passare nel versante occidentale della cresta di chiusura della val Sabbiola e risalire fin verso il Monte Capio ed il crinale che separa la Val Sesia dalla valle Strona. Ci voltiamo indi verso la vetta che ci attende e della quale possiamo già intravederne la croce: la Massa del Turlo "sembra" lì a portata di mano...non possiamo certo fermarci qui e rinunciare alla sua conquista! Lasciamo perciò la Cima Ventolaro e percorriamo la spalla panoramica che inizia discendendo leggermente e perdendo qualche metro di quota per poi però risalire con buona pendenza e su un sentiero acciottolato ed a tratti roccioso. Inizio ad accusare dei crampi alle cosce. Cerco di non forzare troppo e mantenere un passo il più breve possibile, ma purtroppo bisogna conquistare metri in altitudine e quindi il piede non può fare a meno di forzare la gamba per elevarla al gradino successivo. Lascio andare i miei fratelli ancora una volta urlando loro che forse non ce la faccio, ma continuo comunque, soffrendo ogni volta che debbo dare la spinta per l'ascesa. Mi fermo ormai quasi ogni due passi e per farmi coraggio guardo a volte indietro per rivedere il percorso già superato e sono restio invece a guardare in alto... Nel risalire il tratto roccioso si perde pure di vista la vetta e sembra che il punto di arrivo si sia allontanato piuttosto che essersi avvicinato! E nuove alture da superare sembra che appiano dal nulla! Con grande difficoltà supero infine la parte rocciosa e sembra che il percorso, appianatosi e ritornato su terra battuta mi dia una mano per superare il momento critico. Riappare la croce di vetta, ma mi sembra ancora lontana! Il sentiero, per questo tratto che sale dolcemente, quasi in piano, prende la direzione verso est e successivamente sale sopra ad una gobbetta, denominata l'"Umet", che affronto quasi al rallentatore a causa dello strappo che attanaglia la coscia della gamba destra. Superato la gobbetta prativa, c'è un attimo di respiro poichè, prima del pendio terminale, si percorre qualche metro addirittura in discesa ed i miei muscoli hanno un attimo di tregua. Si riprende poi a salire, dapprima dolcemente e poi ancora duramente per vincere gli ultimi metri di dislivello che mi separano dalla mia "conquista". Nel frattempo Eugenio era già arrivato in cima seguito poi da Arnaldo e Gianfranco. Dopo un incontro ravvicinato del "quinto tipo" e dopo essersi fatta scattare una foto dai due biellesi, che avevano anche loro ultimato l'ascesa, si erano dedicati alla fase ristorativa in attesa del mio arrivo. Vincendo ulteriori spasmi muscolari, e rallegrandomi in cuor mio, nonostante i momenti di difficoltà passati ed ancora presenti, per essere anch'io giunto a coronamento di una piccola impresa, finalmente vengo ripreso dalla telecamera per l'ultimo sforzo e per il consueto segno della croce davanti al simbolo della vetta. Stremato, ma felice. Con un ultimo sforzo, mi fiondo sulla panchina in sasso che è sistemata su una piazzola appena sotto la croce. Singolare costruzione di lunghi tubolari di ferro verniciati in bianco, imbullonati tra di loro con moschettiere sui tiranti orizzontali che li congiungono, poggia su un basamento quadrato di sassi cementati assieme. Al suo interno è alloggiato il libro di vetta sul quale apporre la propria firma per suggellare l'arrivo in cima. Tutto attorno alla croce spiccano i segni della presenza di un nutrito branco di capre...Ancora fresche ed "odorose" sono le tracce ed i ricordi lasciati dai quadrupedi. Il "gentile olezzo" ha fatto scappare i biellesi verso luoghi più freschi e più adatti per consumare il loro pasto, senza che dosi supplementari di "profumi" non preventivati si amalgamassero con quello dei loro robusti panini. Noi resistiamo e ci spaparanziamo sulle panche in sasso depositando gli zaini sul massiccio tavolone per estrarne finalmente il nostro meritato spuntino. Meritano un accenno ed alcune fotografie i lavori effettuati dagli abitanti della Valle Bagnola in collaborazione con quelli della Valle Sanbughetto, nell'agosto 2003 dopo vent'anni dall'inaugurazione della nuova croce alla Massa del Turlo, per il posizionamento delle panche e del tavolone di sassi, coadiuvati per l'occasione dal trasporto in quota effettuato dall'elicottero. (Andare al bellissimo e già citato sito dell'Associazione Cervarolo,curato da Frenk,per leggere e vedere altre immagini dei lavori). Dopo esserci rifocillati, gironzoliamo sulla vetta soffermandoci ad ammirare lo stupendo panorama, non prima di esserci regalato un autoscatto dei Vercelli Brother's al completo con alle nostra spalle la Valle Strona. Verso ovest il solco della Valle Sabbiola, che va a morire sui contrafforti delle magnifiche vette meridionali ed occidentali che cingono la conca della Valle Strona. Alle loro spalle domina il Monte Rosa. A nord la valle Strona con l'imponente Monte Massone che l'abbraccia. Verso est il crinale che, passando per La Mazza, porta al Monte Croce, altra via di ascesa verso il Giandolino che inizia dall'Alpe Camasca, ben visibile col verde dei suoi pascoli e con alle spalle il Mazzoccone. Più ad est il Mottarone. La macchia celeste sulla destra è il lago d'Orta che risulta racchiuso dal Mazzone, sopra Cesara, e dal monte Novesso. Verso sud la parte iniziale della Val Sesia, la valle Bagnola con le sue diramazioni, Cervarolo, l'alpe Piane e poi la via di salita da noi seguita dalla cima Ventolaro in avanti. Per completare e compendiare questa serie di immagini, approfitto ancora del sito di Cervarolo per aggiungere questo stupendo collage di fotografie che vi ho trovato e che illustrano lo spettacoloso panorama a 360 gradi che si può godere dalla vetta della Massa del Turlo.