Vergano

lunedì 23 aprile 2012

SECONDA OLIMPIADE VERGANESE 1961 prima parte






Riprendo, dopo un periodo esageratamente lungo, a scrivere sul blog. Mi era passata la voglia di postare o meglio di organizzare il flusso dei miei ricordi per condividerli, in quanto mi richiedeva uno sforzo mentale che ritenevo di avere smarrito. A farmi ritornare un bagliore di volontà, è bastato l'incontro con un amico di gioventù, Adriano che avevo perso di vista da troppo tempo, col quale ci siamo scambiati sensazioni e ricordi di quando eravamo ragazzi.
Ad accompagnarci in questa rievocazione giovanile questa volta ho scelto il gruppo  folk-rock britannico dei Fairport Convention (tardi anni sessanta) con al canto la struggente e melodiosa Sandy Denny, prematuramente scomparsa dopo essere entrata in coma due giorni dopo una caduta dalle scale di casa e non essersi mai più ripresa. La canzone , Who knows where the times goes, (Chi sa dove va il tempo?) l'ho scelta proprio per il suo riferimento nostalgico e misterioso agli anni che volano via e che chissà dove vanno a finire. Io qui cerco di fermarli e ricordarli per dar loro un luogo di approdo.

Grazie al grandioso lavoro di Ginca nel documentare con la "pubblicazione" del suo "Lo Sportivo" gli avvenimenti che caratterizzavano la maggior parte del tempo delle nostre favolose estati vacanzaiole libere e spensierate, posso oggi, a distanza di cinquant'anni (!), rileggere le "imprese" atletiche che ci videro protagonisti e quasi riviverle, talmente erano circonstanziati i reportages.
Dopo la prima edizione del 1960 che vide solamente tre concorrenti parteciparvi, come ricordato nel post  olimpiadi-verganesi-1960. , in questa seconda Olimpiade, "addirittura" otto atleti diedero il meglio di loro stessi per ben figurare nelle varie competizioni.
Suddivisi in quattro coppie rappresentanti quattro nazioni diverse, inizialmente vennero così raggruppati.

ITALIA . Renato V. e Giancarlo

Lo scattista migliore sulla breve distanza (io...) ed il massimo esponente delle gare che richiedevano l'uso della tecnica e degli attrezzi (salti e lanci). Notate lo scudetto, appiccicato alle camicie per l'occasione dello scatto fotografico; restava in posizione, dopo generosa manata sul petto per farlo aderire. Appena mossici, si staccava, ma intanto la sua funzione l'aveva svolta... Dava un tocco di ufficialità alla formazione...

INGHILTERRA : Ezio G.ed Eugenio
Poteva contare sul campione in assoluto, Eugenio, di quasi tutte le discipline di corsa. Notate, anche qui, lo scudetto . Sembra diverso dal precedente. In effetti è lo stesso, rivoltato.... ed appicicato alle camicie, dopo averlo espropriato dai precedenti possessori, per la fotografia di rito. Credo fosse di colore azzurro e blu scuro. Possedevamo solo quei due esemplari, amabilmente ritagliati e cuciti da Ginca...!  

FRANCIA: Eraldo e Luciano
 Decisamente la più debole accoppiata. Eraldo era una giovanissima promessa che aveva già dimostrato il suo valore mentre Luciano era alla sua prima esperienza atletica e doveva ancora prendere confidenza col mondo sportivo. Notate come sul petto dei due giovanissimi non appaia il famigerato scudetto... In effetti, dopo aver invertito l'originale, nelle prime due formazioni, non lo si poteva più manomettere in altro modo per farlo apparire diverso nella foto ufficiale!

GERMANIA : Renato G. ed Elio
Il più giovane del gruppo (classe 1952) ma dotato di una grinta e determinazione tali da renderlo già competitivo, accoppiato al funambolo calcistico di Vergano, disciplina nella quale era l'indiscusso primattore; in campo atletico eccelleva nel salto in alto. Notate anche qui la mancanza di scudetto sulle maglie. La ragione è sempre la stessa, esposta appena sopra...

A sconfessare quanto ho appena postato con le immagini riguardo gli accoppiamenti delle formazioni, ho riletto la pagina dello sportivo n. 4 dell'annata 1961. Furono stabiliti per sorteggio la settimana prima dell'inizio delle gare. Naturalmente presumo che si fosse usato il principio delle teste di serie mediante il quale in un'urna vennero posti i nominativi dei più forti (ed anche più anziani, per la verità...) Giancarlo, Eugenio, Elio e Renato V. e nell'altra quelli dei ragazzini .  Il risultato fu quello che potete leggere nella pagina sotto riportata. Resta il mistero delle immagini scattate come foto "ufficiali" delle formazioni che in effetti non corrispondomo ai reali abbinamenti.
Interessante segnalare come siano state abolite due competizioni rispetto all'edizione precedente. Il ciclismo, gara di sprint e gara sul chilometro lanciato, che si erano disputati l'anno prima sul tratto di strada che da Boca porta al Santuario. Per ragioni di sicurezza furono annullate e ciò dimostra l'alto senso di responsabilità dimostrato dal Ginca onde preservare gli atleti da eventuali incidenti che, per l'agone insito nelle gare, sarebbero potuti scaturire percorrendo una strada che, seppur poco frequentata nei giorni feriali, presentava sempre l'incognita di eventuali intoppi con i mezzi che avrebbero potuto transitarvi.
L'altra gara abolita fu quella del tiro a segno. Curiosa la motivazione: mancanza di elementi utili... In effetti non è che durante l'anno ci divertissimo a tirare sassi contro un bersaglio... Ed i nuovi atleti non  conoscevano neanche l'esistenza di questa specialità.
Altra annotazione da fare riguarda le piste dove si svolsero le gare di corsa. Nella pagina di presentazione sopra riportata si nominano tre luoghi adibiti a scenario delle competizioni. Mentre per quanto riguarda lo stadio Arena  ed il Fuorigrotta posso affermare che furono utilizzati solo per quell'occasione e mai più presi in considerazione in futuro, lo stadio Flaminio fu ribattezzato stadio Olimpico non appena gli atleti vi misero piede. Fu conosciuto all'epoca anche come stadio Beniamino in onore al proprietario che ci concesse la sua utilizzazione. Caduto in disuso nei primi anni dopo la guerra, non era altro che la locazione dove aveva visto la luce la colonia solare di Vergano, ricordata in un mio precedente post colonia-solare-di-vergano. Prima di gareggiarvi, provvedemmo alla sua ripulita, tagliando piccoli fuscelli ricresciutivi e sterpaglie e provvedemmo anche a scavare la buca dove riportammo della sabbia del Sciscion da utilizzare per il salto in lungo e triplo. Oggi, versa in condizioni disastrose. E' ormai invaso da arbusti di ogni genere e non si distingue più il prato dove abbiamo disputato innumerevoli incontri di calcio. Esiste solamente un tracciato da bicicross dove si divertono ancora, forse, alcuni giovani a scorazzare con le moto. E pensare che questo percorso è nato  a metà anni sessanta grazie alle mie prime scorribande con un motorino,avendo cura di tracciarlo ai bordi del campetto di calcio e verso la riva del torrente. Ecco come si presenta oggi. (Bisogna rimarcare anche che non esiste  più il "punt'd tola" che permetteva allora l'accesso al campo).



Lunedì 3 luglio 1961, inizio della Seconda Olimpiade Verganese, appuntamento alla "ssciusa", luogo dove d'estate eravamo abituati a fare il bagno, grazie alla profondità dell'acqua ed alle dimensioni della lanca. Ai bordi del Sciscion correva uno stretto sentiero, tra due filari di alberi. Il suo fondo battuto e regolare, senza nessuna gibbosità, morbido grazie al tipo di terreno, lo rendeva ideale per una pista di corsa veloce. La partenza avveniva subito dopo una leggera curvatura che immetteva in un'area aperta prativa. Il rettilineo che ne seguiva, lungo esattamente 50 metri, terminava appena prima dello spiazzo dove usualmente usavamo prendere il sole e dal quale prendevamo le rincorse per lanciarci nell'acqua della lanca. Ideale quindi per avere lo spazio necessario per l'arresto dalla corsa proprio prima del solco della "ruja" che aveva origine dalla "ssciusa". Un grandioso albero al termine del sentiero ci era di aiuto per definirne la virtuale fettuccia del traguardo.
Questo scenario di gara venne "battezzato" dal cronista Ginca come Stadio Arena... Vi si disputarono, oltre ai 50 metri piani, anche le gare degli 80 e 100 metri sfruttando il proseguimento del sentiero, oltre la piccola curvatura, nel prato aperto. Non ho immagini dell'epoca, mentre, purtroppo, da una recente fotografia, scattata dal punto di arrivo, possiamo dedurre quanto sia degradato il luogo e quanto fascino ed estetica si siano perse e rimangano custodite solo nei ricordi della nostra infanzia . Ed anche il grandioso albero è stato abbattuto.


Riporto le pagine dello Sportivo che raccontano di questa giornata. La prima parte l'ho già inserita all'inizio.

Da questo resoconto possiamo constatare la supremazia di Eugenio nelle corse veloci. La gara di salto in lungo, programmata subito dopo , fu rimandata al giorno successivo per mancanza di tempo utile. Occorre a tal proposito rimarcare che le gare di corsa erano disputate in singolo. Ogni concorrente aveva una partenza propria e gareggiava da solo contro il cronometro di Ginca. Tutto ciò comportava dei tempi di esecuzione molto lunghi, con la presenza di otto partecipanti. Conseguentemente si sforò rispetto alle previsioni.
Il giorno seguente, martedì 4 luglio, ci demmo appuntamento di buon mattino allo "Stadio Fuorigrotta", nelle vicinanze dello "Stadio Olimpico", subito a nord rispetto al "punt'd tola", per disputare le staffette e la gara dei 200 metri in quanto lo stadio era predisposto esclusivamente per questo tipo di competizioni e fu reso agibile solo per la disputa della Seconda Olimpiade e poi mai più utilizzato. Potenza dell'immaginazione e della beata innocenza e fantasia di noi giovanissimi agli inizi degli anni sessanta, prima che la massificazione delle notizie e delle immagini entrate nelle case di tutti con la televisione negli anni a venire producessero l'effetto quasi catalettico di un assopimento delle iniziative generate in proprio. Chiamare stadio una grande distesa prativa che fiancheggiava il Sciscion e permetteva di disegnarvi immaginariamente delle piste di atletica era un bellissimo esempio di come riuscivamo a ridurre alla nostra realtà eventi e mondi lontani che ci eravamo prefigurati esclusivamente da qualche lettura o da qualche foto recuperate dai giornali. Ricavammo la pista per le corse sul sentiero erboso che costeggiava gli arbusti della riva del Sciscion che, pur snodandosi non perfettamente rettilinea, ci dava la possibilità di coprire la distanza di almeno 200 metri, necessari per la disputa delle staffette veloci. Anche per questo "stadio" allego una foto recente che cerca di dare un'idea del luogo dove gareggiammo. Occorre notare che la sterpaglia ha piano piano recuperato nei confronti del prato allontanando di conseguenza il sentiero dalla riva del torrente.

Giornata stracolma di gare. Certamente la più entusiasmante; dedicata completamente allo svolgimento delle discipline forse più entusiasmanti tanto da portare alla decisione dell'organizzatore di alleviare gli impegni del giorno successivo e far effettuare solo tre prove.
Iniziammo con la disputa dei 200 metri piani dominati da Eugenio, per poi passare alle varie staffette. Il testimone, un bastoncino di legno ricavato da un ramo di nocciolo, fu causa di inevitabili inceppamenti durante il cambio e forse ciò condizionò i risultati. In effetti la sorpresa arrivò nella 2x50. A vincere fu l'Italia ( i due Renato) che, pur avendo col più giovane atleta partecipante (9 anni !) una notevole inferiorità, riuscì a strabiliare con un cambio eccellente, mentre Elio ed Eraldo, potenzialmente superiori come coppia non ebbero un felice passaggio del testimone.
A loro perenne ricordo di tale malefatta, fu dedicata uno scatto fotografico, realizzato in un momento di pausa allo stadio Olimpico, con una posa statica di un "perfetto passaggio di testimone"(???) (le riprese in movimento risultavano completamente sfocate). Certamente il modo di trasmettersi il bastoncino non era dei più ortodossi... Ma tant'è... Quella "rappresentazione" era forse più rivolta ai "posteri" (notare Elio come ammicchi verso l'obiettivo...) che ad illustrare un'effettiva situazione reale di gara!
La documentazione dello Sportivo ci ricorda la successione degli avvenimenti di quel giorno. Dopo la staffetta 2x100 vinta da Eugenio ed Ezio G. ci trasferimmo allo stadio Olimpico per effettuare la gara di salto in lungo che vide dominare lo specialista in tale disciplina, Giancarlo; grazie allo studio ed alla messa in pratica della tecnica appropriata per una giusta rincorsa, uno stacco imperioso ma soprattutto un movimento in volo che gli permetteva di slanciare le gambe verso la fase di atterraggio (tecnica che cercò di trasmettere a tutti gli atleti che erano volenterosi di migliorarsi, ma a volte i consigli non erano ben assimilati...) riuscì a sbaragliare il campo con dei balzi oltre i 4 metri.


La competizione degli 800 metri vide all'opera due atleti in contemporanea, per la prima volta, abbinati in base alla data di nascita, a partire dai più giovani, per finire con la coppia "terribile", come era chiamata dal cronista dell'epoca, Eugenio e Giancarlo. Per coprire la distanza degli 800 metri occorreva compiere 5 giri dello stadio la cui lunghezza era di 50 metri. Sicuramente i tempi rimasero influenzati dagli abbinamenti. La coppia Renato G. e Luciano la presero allegramente senza un minimo di agone, mentre già Renato ed Elio diedero vita ad una bella gara che vide prevalere Elio, molto più adatto alle medie distanze grazie anche alle sue lunghe leve, ed infine Giancarlo, fondista eccelso, diede filo da torcere ad Eugenio che riuscì a vincere solamente grazie al suo prodigioso sprint finale.
Incredibile, per la sorta di attrezzo in dotazione..., la gara del disco. Già... disputammo anche le gare di lanci! Disco, peso, martello (!), giavellotto... con attrezzatura artigianale ricavata con i più disparati materiali messi insieme dal fantasioso Ginca! Il disco, ad esempio, constava di una serie di ritagli di legno compensato, arrotondati e sovrapposti con incollaggio fino ad ottenere uno spessore congruo per una impugnatura manuale. Il tutto era poi stato arrotondato, modellato e levigato con una lima in modo da ottenere una circonferenza liscia ed un rigonfiamento verso la parte centrale  così come si poteva osservare negli attrezzi realmente utilizzati in atletica. La modalità di lancio era poi desunta dai disegni illustrati sul giornaletto del CSI, che avevo già citato nel precedente post, recuperato da Ginca in quel di Novara. Chi era più bravo a coordinare il moto rotatorio di mezzo giro (così lo avevamo ridotto a nostro uso) con il movimento di carica di potenza del braccio e relativo rilascio per la fase di lancio contemporaneo all'arresto brusco della rotazione, otteneva dei buoni risultati. Io ero riuscito a trovare una buona simbiosi con l'attrezzo; me lo sentivo saldo tra le dita e riuscivo pure a ottenere una bellissima coordinazione tra la mezza giravolta e l'estensione del braccio con conseguente rilascio del disco per sprigionare tutta la forza che avevo accumulato. A questo riuscivo ad aggiungere una quasi perfetta angolazione tra la parte piana del  disco ed il terreno in modo tale da ottenere un'eccellente parabola di lancio . Infatti vinsi la medaglia d'oro... 
Continuammo con i 400 metri piani, o quasi...  Il quasi è riferito al fatto che, occorrendo due giri e mezzo dello stadio per completare la distanza, si doveva vincere per due volte un leggero dislivello nella curva nord, poichè il campo non era perfettamente livellato. Se si vanno a rivedere alcune fotografie del post relativo alla colonia solare di Vergano , si possono meglio apprezzare queste imperfezioni. Sta di fatto che, comunque, all'inizio dell'ultimo giro, il superamento di questa leggera difficoltà era l'inizio di un cambio passo repentino. Fino a quel punto si erano mantenute delle forze , da lì in avanti esplodeva lo sprint finale fino al traguardo. Per lo meno a me dava quello stimolo. L'importante però per ottenere dei tempi migliori era l'andatura che si riusciva ad impostare nei primi 250 metri. La bellezza di questa gara era proprio nel tentativo, ogni volta che ci si cimentava, di aumentare sempre più la velocità in questo tratto per poter capire fino a che limite ci potevamo spingere onde mantenere ancore le forze per il rush finale senza cedimenti. Maestro in questa disciplina fu Eugenio. Le sue prestazioni miglioreranno sempre più nelle competizioni a venire fino ad ottenere  dei tempi strabilianti, per noi, al di sotto del minuto.
A seguire la prova del salto triplo, ultima gara dell'intensissima giornata. Disciplina completamente sconosciuta ai più. Anche in questo caso Ginca si prodigò per insegnarci la tecnica, con non poca difficoltà di apprendimento da parte dei più. Infatti sembrava a noi innaturale spiccare il primo salto ed atterrare con lo stesso piede di battuta per poi fare il secondo balzo con l'altra gamba e poi atterrare al terzo nella buca della sabbia. Pian piano riuscimmo a coordinarci, ma in gara qualcuno dei più giovani trovava ancora ostica questa tecnica. Come al solito, quando si trattava di applicare la tecnica ad una specialità, Giancarlo era l'indiscusso maestro. (Tra l'altro nelle sue uscite anche solitarie di allenamento era solito  migliorarsi sempre più nei risultati poichè questa era una disciplina che gli permetteva di misurarsi da solo le prestazioni). La sua vittoria  fu scontata mentre Elio, grazie alle sue generose leve, si classificò brillantemente secondo. 


Al prossimo post  per continuare la narrazione di quella settimana vissuta selvaggiamente liberi, grazie anche ai nostri genitori che non ci imponevano nessuna restrizione e ci lasciavano scorrazzare felici lungo le rive del beneamato Sciscion.

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